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www.robedamatti.net Cesena – Aggiornamento continuoGenoma low-cost, ma che cosa ce ne facciamo? Il nostro Dna con mille dollari. Ma l'abbattimento dei costi non muta, per ora, le possibilità di diagnosi.
La notizia è di quelle che fanno riflettere. Da un lato dimostra i rapidi passi avanti che le tecnologie più moderne consentono di fare in medicina, dall'altro preoccupa per le conseguenze etiche e psicologiche che certi progressi comportano. Un'azienda americana ha messo sul mercato una macchina per il sequenziamento del genoma umano a basso costo: grande quanto una stampante è in grado in un solo giorno di decodificare il Dna di una persona. Ovvero di elencare i circa tre miliardi di «lettere» che contengono tutte le informazioni genetiche ereditarie alla base dello sviluppo di tutti gli organismi viventi. Sembra che il nuovo apparecchio sarà venduto per una somma intorno ai 100-150 mila dollari e potrebbe quindi rappresentare una svolta per l'utilizzo su ampia scala di questo tipo di esami. Le analisi del Dna, hanno ipotizzato gli esperti, oltre che in tempi molto più brevi saranno così disponibili per circa mille dollari (ora costano 10 volte tanto). E, di conseguenza, diminuirà di circa un terzo anche la spesa dei test genetici già oggi effettuati per scoprire se si è a rischio, per esempio, di sviluppare un determinato tumore. «L'ipotesi di poter sequenziale il Dna di una persona più velocemente e con costi minori è interessante — commenta Sergio Abrignani, direttore scientifico dell'Istituto nazionale di genetica molecolare a Milano —, ma di fronte a queste notizie serve grande cautela. Avere tutto il genoma è come avere un alfabeto, ma non significa - come hanno detto gli stessi esperti americani - saper leggere le informazioni che il Dna contiene. Ovvero, per capire e usare quelle informazioni nella pratica medica (prevenzione, diagnosi precoce, terapie dei tumori o di altre malattie) bisogna analizzarle e comporre "parole e frasi". Questo secondo passaggio comporta un secondo costo enorme, molto più alto del primo». In pratica, servono centinaia di migliaia di dollari per analizzare (e poter usare) ciò che si è ottenuto con i mille euro. Si aprono poi inquietanti scenari per la privacy: «Soprattutto negli Usa, — continua Abrignani — dove le assicurazioni mediche sono indispensabili, sarebbero devastanti per la privacy gli effetti di un database che contiene tutto il genoma di un singolo e, quindi, le sue probabilità di ammalarsi». Le informazioni genetiche usate per specifici test diagnostici non sono, comunque, una novità. Vengono comunemente adottate, ad esempio, nei test prenatali (come quello per la sindrome di Down) o in quelli per la fibrosi cistica, per alcune malattie neurologiche (Corea), per l'anemia mediterranea e per alcuni tipi di cancro, al fine di scoprire se si è a rischio di sviluppare la patologia o di trasmetterla ai propri figli. Esistono circa 8 mila malattie causate da un unico gene malato, ma sono estremamente rare e incidono poco sulla popolazione. Tutte le altre sono malattie cosiddette multifattoriali, ovvero causate da variazioni del Dna e da altri fattori, innanzitutto lo stile di vita e l'ambiente. «Soprattutto quando si fanno test genetici sui tumori — spiega Bernardo Bonanni, direttore della Divisione di prevenzione e genetica oncologica dell'Istituto europeo di oncologia di Milano — e si scopre di essere portatori di una mutazione genetica che predispone ad ammalarsi di tumore, due sono le informazioni fondamentali che le persone devono avere. La prima: non è una certezza, non va vissuta come condanna e servono cautele psicologiche nel comunicare l'esito del test. La seconda: è un'informazione utilissima in chiave preventiva. Chi sa di essere a rischio può giocare d'anticipo migliorando lo stile vita, facendo controlli mirati o sottoponendosi a cure preventive quando indicate. E solo in casi estremi asportando l'organo possibile sede del tumore». |